
Complotti e intrighi nella Brescia di fine Quattrocento. La forma vero-simile del romanzo, basata su fonti documentarie, dà una rappresentazione viva e appassionata di un fatto storico, la fine dell’autonomia feudale dei conventi benedettini, non più tollerata nel processo di centralizzazione della chiesa romana e delle signorie regionali italiane. Ancor più inattuale appare il ruolo delle badesse. Elena Masperoni badessa di santa Giulia monastero benedettino in Brescia è una donna potente, troppo per essere una donna. Molti vogliono la sua fine, mettere mano sulle proprietà immense del monastero: i nobili bresciani, i provveditori della serenissima repubblica di Venezia; il vescovo di Brescia, il corrotto Lorenzo Zane, al servizio delle mire territoriali dei nipoti del papa Sisto IV della Rovere. Persino il fratello della badessa, conte Masperoni, trama contro di lei, per capriccio passionale e risentimento geloso nei confronti della sorella vuole rapire dal monastero una novizia, monaca forzata, la bella Marta. Anche lo stampatore Ippolito, a capo di una congiura per liberare la città dal giogo gretto ed esclusivo della nobiltà bresciana, è innamorato di Marta. Forse Marta corrisponde e il padre irritato l'ha confinata in convento. Fra Gabriele confessore di Marta e compagno di studi del conte Masperoni, s’aggira nella città dolente piena di poveri e mentecatti, è trovato strangolato di fronte alla porta del suo convento, chi lo ha ammazzato? Una adolescente Angela Merici annuncia alla badessa morente l’avvento di una comunità nuova, di donne solidali e indipendenti, un monastero senza proprietà e senza mura.