Il romanzo è ispirato da una storia vera e copre un arco temporale che va dalla fine della Prima Guerra Mondiale agli Anni Trenta del Novecento. Racconta la nascita, la realizzazione, lo sviluppo e, purtroppo, la fine di un esperimento sociale quasi unico in Italia in quei tempi. Enrichetta Giolitti, Giulia Franceschi Civita e Antonia Nitti sono tre donne legale da una solida amicizia e accomunate dal desiderio di spendere le loro energie, il loro nome e l'influenza ad esso collegata per dare una speranza di vita dignitosa a tanti bambini napoletani, altrimenti destinati all'abbandono e al più totale degrado morale e materiale. Una nave da guerra in disarmo, il Maestrale appunto, accoglierà negli anni tantissimi "scugnizzi", salvandoli dalla vita in strada, dando loro un'istruzione, un mestiere per poter in futuro guadagnarsi da vivere onestamente e soprattutto la consapevolezza del proprio valore e del proprio diritto a vivere e a pensare in libertà. La direttrice di questa scuola, Giulia Franceschi Civita, è una persona coraggiosa che lotterà a lungo per affermare i principi fondanti del progetto, ma che alla fine dovrà arrendersi a una dittatura che tutto poteva consentire tranne il nascere e l'affermarsi di coscienze libere, ancor più se guidate da una donna. Nel seguire le vicissitudini dei bambini prima del loro arrivo sulla nave-asilo ripercorriamo i meandri più nascosti del "ventre di Napoli", riscoprendo un tessuto urbano rimasto praticamente inalterato fino ai giorni nostri. I nomi dei vicoli, delle piazze che si aprono all'improvviso alla fine di un dedalo inestricabile di viuzze, delle chiese maestose sono sempre quelli allora come oggi.