Questo è il racconto di un uomo e di un orso. L'orso e l'uomo sono ambientati in una valle delle montagne bergamasche: la minuscola Valzurio. La Valzurio esiste davvero, basta cercarla su una carta geografica o topografica a Nord ovest del massiccio della Presolana: è splendida, l'avvicino sempre con una certa emozione che, invece di spegnersi o quantomeno attenuarsi per la lunga frequentazione, va crescendo ogni volta. Così, l'escursione diventa qualcosa come un pellegrinaggio I personaggi del mio racconto sono naturalmente inventati, sebbene portino cognomi molto comuni in Valzurio e si applichino ad attività in uso prima della grande guerra. Su queste attività ho insistito per lasciarne una modesta testimonianza che spero gradita ai lettori. É storia minore, ma non meno inte- ressante per chi intende conoscere usi e costumi antichi delle nostre valli. L'interprete del racconto è appunto Oldofredo; l'orso, come tutti gli orsi ancora vivi e in libertà, non ha un nome e non è affatto necessario che lo abbia; io lo definisco l'orso magico perché il cacciatore lo insegue lungo l'intera mia narrazione, senza mai vederlo tranne, forse sottolineo forse - una sola volta, quando l'affannosa ricerca del disperato Oldofredo sta per concludersi con un misterioso colpo di fucile. Ma il proiettile era diretto all'orso come si potrebbe anche ipotizzare? Beh! vogliate predonarmi ma, con tutta la mia buona volontà e nonostanze i miei sforzi di ricerca, non sono riuscito ad accertarlo. C'era troppa nebbia, sulla montagna, il giorno in cui la fucilata misteriosa venne udita. E quel giorno io non ero in Valzurio. Stavo in un posto dell'Africa dove ci sono i leoni e non gli orsi. Mi trovavo assai lontano da Valzurio e da Oldofredo Baronchelli, indomabile cercatore di tracce d'orso, instancabile cacciatore di cui, da tempo, molto e molto tempo, s'è persa in Valzurio ogni memoria.