Lo sguardo pieno di terrore, i polsi e le caviglie legati. L'ho immobilizzato e gli ho ficcato uno straccio in gola per non farlo urlare. Tutto è pronto. Accendo il registratore. «Ora confesserai, vero? Fra un attimo ti permetterò di parlare, ma se urli sarà peggio per te.» Lo dico mentre gli infilo un ago nel braccio. Lui fa segno di no con la testa. «Non ci metteremo molto, vedrai. Prima ammetterai le tue colpe e prima arriverà l’oblio.» Milano, 15 luglio 2010 Quando la vedo comparire davanti a me, occhi da cerbiatta e gambe lunghissime, il primo pensiero che mi attraversa il cervello è che in quel bar fetente una donna così non si è mai vista. Il secondo è che quella bionda appariscente porterà scocciature. Da qualche giorno non si respira, un caldo opprimente attanaglia Milano, e l’umidità è davvero bestiale. Special-mente se il locale è sprovvisto di condizionatore. «E lei l’ispettore Visconti?» chiede puntando dritto al mio tavolo. «Ex.»