Paesaggio con rovine
“Paesaggio con rovine”, pubblicato da Mondadori, è un saggio con modalità narrative che affronta il bilancio dell’Irpinia a 40 anni dal terremoto del 23 novembre 1980: per farlo, analizza come un territorio fragile – e la provincia di Avellino lo è da tempo – risenta dei traumi subìti e in che maniera reagisca. Dall’Irpinia degli anni precedenti il terremoto spazia fino a quella di oggi, con le ferite del passato ancora aperte e le nuove della pandemia da Covid-19 che si mostrano nella loro gravità. Dopo il 23 novembre 1980 si pensò di coniugare le esigenze della ricostruzione con le necessità dello sviluppo. Oggi lo strumento con cui si immagina di uscire dal tunnel è il Piano nazionale di ripresa e resilienza: l’esperienza del passato servirà da lezione per l’avvenire? “Paesaggio con rovine” contiene, quindi, spunti di riflessioni che si proiettano immediatamente sul presente e si propongono come elementi di dibattitto e su confronto sul Mezzogiorno sull’Irpinia di domani. Irpinia. 23 novembre 1980. La terra trema. La catastrofe. Le rovine. L’immagine di Conza della Campania dopo il terremoto torna sui giornali dopo il 24 agosto 2016: lo scatto in bianco e nero di allora torna a dire che, anche ad Amatrice, la storia si ripete. Nonostante i progressi annunciati, le prevenzioni intimate, le lezioni impartite. È da qui che comincia il racconto di Paesaggio con rovine. Generoso Picone, giornalista e scrittore, indaga, esattamente quarant’anni dopo, nel groviglio di quel che resta, intercetta continuità e buchi neri, restituisce e aggiorna una vicenda che è specchio del Mezzogiorno e dell’Italia tutta. L’Irpinia povera e marginale di allora oggi è un luogo spopolato, abbandonato, irrilevante. Da una frattura all’altra, come se niente intanto fosse accaduto. E invece molto è accaduto. E una verità ci deve pur essere tra queste rovine. Picone si rende conto che per quarant’anni in ogni libro letto, documento, riferimento, e in ogni nuova catastrofe, ha cercato di rispondere alle domande scaturite il 23 novembre 1980. La verità, perseguita con vigile ossessione, non è appaltata esclusivamente ai verdetti giudiziari o appesa all’intricato catalogo di accuse e polemiche su ritardi, inadempienze, sfruttamenti, convenienze, ruberie e cinismo: il racconto di Picone chiede materiali non usurati, chiede una “ricostruzione” che ripercorre le imprese di chi da tanta tragedia ha tratto profitto, di chi ha speculato sulle aspettative maturate, di chi continua a utilizzare questa terra come mezzo e non come fine.