Il libro "Gente 'bbuna e bona gente" - scritto dalla maestra Laura Fiorentina Fabrizio - può essere considerato un compendio della civiltà contadina che viveva a Cupello (CH) tra la fine del secolo 1800 e l'inizio del 1900 fino al periodo della Seconda Guerra Mondiale; un imprescindibile pezzo di storia e comunità dal grande valore socio-culturale che si tramanda ai posteri per mantenere vivo il vernacolo che tende, sempre più, a scomparire dal linguaggio comune con l'abbandono quasi totale da parte delle nuove generazioni. Le fonti del testo sono i ricordi dell'autrice e i racconti di sua nonna Maria. Si tratta di cosiddetta "storia minore": fatti, usi, costumi e tradizioni della gente comune, che i drammi e la miseria portate dalla storia è costretta, il più delle volte, a subire. Protagonista è la "bona gente", termine questo, con una inversione di parole, in contrapposizione alla "gente "bbuna". Gli stessi termini vengono ripetuti in accezioni diverse, per esprimere e individuare, attraverso l'inversione delle parole, due tipologie di soggetti o categorie di persone. Nella prima la parola "gente" viene concepita nel senso antico e originario di gens-yevos cioè stirpe. "Gente "bbuna" identifica quindi coloro che hanno buone origini - buona stirpe, - e quindi, nell'accezione di un tempo, i nobili o, comunque, i possidenti. Ci si riferisce, perciò, ad una stratificazione sociale, individuando, con la detta terminologia, le persone appartenenti ad un ceto sociale superiore. "Bona gente" esprime, invece, un concetto non antico ma moderno. Rimanda al concetto di "genericamente umano" tipicamente cristiano e moderno. Poiché il linguaggio è una convenzione che va analizzato nell'accezione intesa nella comunità di appartenenza, la "bona gente" va interpretata nel senso di "gente umile", indica una condizione sia umana che sociale ed economica. Si tratta dei "contadini poveri", quelli che Ignazio Silone chiama "i cafoni", coloro che non disponevano di proprietà terriere o ne avevano in misura insufficiente per le proprie necessità di sopravvivenza. La povertà e l'ignoranza protagoniste e portatrici, per il popolo, di umiliazioni e sofferenze non hanno però impedito la presa di coscienza di sé e dei propri diritti che ha armato la rivolta contro lo sfruttamento e le ingiustizie e dato vita a "piccole rivoluzioni locali" contro il latifondo e contro il potere nazionale. In quest'opera di emancipazione e di riscatto dei ceti popolari deboli, un grande ruolo ha avuto un piccolo gruppo di intellettuali cupellesi nel quale spiccano le figure di Luciano Mastronardi e Guido Fabrizio, rispettivamente zio e fratello dell'autrice. Entrambi, come quest'ultima, operatori in campo scolastico. Il testo della maestra Fiorentina, arricchito anche con scritti successivi, fornisce un importantissimo e rilevante contributo all'esigenza di conservazione della memoria storica locale, all'esigenza di recuperare e conservare una propria identità che, altrimenti, rischia di svanire e disperdersi. Fondamentale in tutto ciò è il rapporto delle microstorie raccontate con il territorio, i luoghi di Cupello che attraverso i personaggi che li popolano acquistano voce e vita.
Autore
Editore
Edizioni dell'Oleandro
Anno
2001
Codice ISBN
88-86600-85-2
Genere